Porto Cervo è un altro di quei luoghi che negli anni ho dovuto sdoganare perché il lavoro mi ha portata più volte a doverci tornare, per fortuna quasi sempre fuori stagione, per apprezzare ancora di più il mare cristallino e le piante di mirto.
Quest’ultimo giro è capitato all’inizio della stagione estiva, e la mia strategia è stata quella di scegliere orari non convenzionali per luoghi solitamente mondani.
Porto Cervo si raggiunge da Roma con la Meridiana atterrando ad Olbia, il volo è più veloce dell’imbarco e in meno di 40 minuti ecco il profumo di mirto e vento fresco pronti per noi. L’alternativa è il traghetto da Civitavecchia, se avete qualche giorno in più e non un week end come me.
Ho preso una macchina in affitto all’aeroporto, 30 minuti di curve mozzafiato su calette meravigliose e vegetazione selvaggia, tanto che a marzo mi è capitato di dare la precedenza ad una tartaruga che andava a deporre le uova!
Questa Volta ho scelto un albergo a Liscia di Vacca, fuori dal caos, con un arredamento contemporaneo ma accogliente, tipicamente marino nei colori e negli accessori.
L’Hotel Dolce Vita ha un bellissimo giardino con piscina, un solarium con Jacuzzi e stanze con balconcini ed affaccio sul mare. La colazione è molto ricca di torte, cornetti succhi e cappuccini espressi e la gentilezza di tutto il personale ha reso il mio soggiorno cosi come lo desideravo.
La stanza spaziosa aveva un affaccio su un promontorio ed arredi semplici in stile sardo; io sono solita viaggiare con il mio courtesy kit per il bagno, e se non amate i prodotti 2 in uno vi consiglio di fare lo stesso.
Se volete invece una location nel pieno centro della Piazzetta senza guardare al budget, l’Hotel Cervo della catena Starwood è la scelta giusta, anche solo per un aperitivo è un buon punto di osservazione.
L’Hotel “where to be “per un appuntamento è invece il Cala di Volpe; ha perso molto del suo smalto ma rimane sempre un luogo magico con le sue immense vetrate dove i giardini si confondono con il mare.
Come sapete non sono particolarmente amante dei riti estivi, ma la spiaggia di Liscia Ruja, in direzione Cala di Volpe è imperdibile. Mare cristallino, lettini se li volete o ombra sotto gli alberi a ridosso della riva, scogli un po’ più in là. Si raggiunge con la macchina attraversando una riserva e percorrendo 100 metri a piedi dopo aver parcheggiato in un’area custodita.
Quello che amo della Sardegna sono le strade ritagliate nella vegetazione, che nascondono le ville e rendono tutto profondamente selvaggio; una di queste mi ha portata a cena nella Tenuta Pilastru, dove ho mangiato porceddu e zuppa gallurese in un menu degustazione più che abbondante e una location arredata in modo tradizionale e molto ricercato.
La passeggiata a Porto Cervo che sia a metà mattina o nel tardo pomeriggio solitamente è in Piazzetta, ma da qualche anno è nata una realtà sicuramente più interessante, che raccoglie brand di nicchia, arte contemporanea e un panorama sul cibo di grande qualità. La Promenade du Port è un piccolo villaggio dove tra portici, buganvillea e affacci sul porto si può prendere un aperitivo, mangiare stellato o rinfrescarsi con un gelato.
Per un pranzo light ho provato Elit promenade caffè, che offre un’ottima scelta di pasta soprattutto integrale, ed una quinoa con pesto e feta, leggera come quella che spesso faccio a casa.
Se poi vien voglia di gelato, Pasqualina val bene la spesa; non solo gusti particolari ma anche la provenienza di tutti gli ingredienti con foto dei produttori e descrizione delle aziende tutte rigorosamente familiari.
Durante la scoperta della ‘Promenade ho avuto la fortuna di essere ospitata dallo Chef stellato Italo Bassi del Boutique Restaurant ConFusion e da sua moglie Madame Tatjana, perfetta padrona di casa. Il locale rispecchia l’eclettismo di Tatjana che ha scelto personalmente gli arredi, e le vettovaglie riuscendo a portare con eleganza il mare nella palette che dal crema vira all’oro; io mi sono innamorata delle lampade con le piume, e delle posate!
Il menu è della tradizione con fusione di sapori soprattutto orientali, (da qui il nome ConFusion) i prodotti freschissimi ed il servizio impeccabile nelle sue divise easy chic di un preziosissimo lino.
Dopo un piccolo aperitivo, e la sorprendente caprese, mi sono commossa all’arrivo del gazpacho con cozze fritte in panatura di panko (un pane giapponese) e del cestino con focaccia, pane carasau e grissini tutto fatto in casa. Come si fa a non amare il cibo e soprattutto a non provare gratitudine per chi con tanta gradevolezza e passione ci dona la sua arte…è stato un piacere sentir raccontare dei piatti, delle ispirazioni e della storia di questo grande Chef e della sua bravissima Tatjana che ha saputo fare dell’arte dell’accoglienza un punto di forza del ConFusion.
L’ultima tappa del mio week end per decantare il pranzo stellato è stata San Pantaleo, un paese organizzato in stradine che si affacciano su una piazzetta di oleandri, con tavolini all’aperto e negozi per chi ama lo stile apparentemente casuale ma fortemente ricercato. E’ il ritrovo serale degli hipster, e la passeggiata alle 3 del pomeriggio quando c’era solo il caldo e una coppia di tedeschi con una birra ghiacciata è stata una scelta più che centrata per essere controcorrente.
Il giovedì mattina si svolge un mercato di prodotti tipici, ricordo di aver comprato pane carasau e pecorino che mai più ho ritrovato cosi buoni.
Jan Myrdal scriveva che “Viaggiare è come innamorarsi: il mondo si fa nuovo”, ed è soprattutto con questi occhi che cerco di osservare luoghi che dietro l’apparenza patinata nascondono un’essenza profonda.
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